Nuovi dati confermano che l'effetto preventivo c'è, ma tutto sommato modesto, e solo per alcuni tipi di tumori.
Un nuovo studio che ha valutato su oltre 100 mila persone gli effetti dell’aspirina come forma di prevenzione dei tumori ha stabilito che la l’assunzione riduce il rischio di alcune forme di cancro, in particolare dei tumori gastro-intestinali, ma con il suo uso a lungo termine aumentano anche i rischi di effetti collaterali.
Per il cuore. Che l’aspirina possa essere un’arma utile nella prevenzione dei tumori è un argomento di cui si discute da tempo. Tra l’altro si tratterebbe di un’arma tutto sommato ideale: poco costosa, e ampiamente utilizzata. Milioni di persone nel mondo la assumono per cercare di prevenire la formazione di coaguli nei vasi sanguigni che possono originare infarto o ictus, di solito dopo che già ne sono stati colpiti, quando si considera che benefici siano superiori ai possibili rischi di effetti collaterali del farmaco: sanguinamenti ed emorragie (di recente, per esempio, la FDA americana ha lanciato un avvertimento a non utilizzarla per la cosiddetta prevenzione primaria, cioè se non si è già avuto un infarto).
Evidenze e dubbi sui tumori. Numerosi studi nel corso degli ultimi anni avevano già suggerito che chi assume regolarmente aspirina sia meno a rischio di sviluppare tumori o di morire di cancro.
Gli studi finora condotti hanno però anche diversi limiti: per la maggior parte si tratta di studi osservazionali, non in grado di stabilire un nesso di causa-effetto, e spesso i dati sono ricavati da analisi di studi in cui l’aspirina non è usata specificamente come tentativo di prevenzione dei tumori.
Sono in corso diversi studi clinici randomizzati, quelli considerati più affidabili per riscontrare un effetto, proprio per stabilire se il nesso tra assunzione del farmaco e minor rischio di cancro regge, ma i risultati non sono ancora disponibili.
I numeri. Nel frattempo i nuovi dati, presentati al congresso dell’American Association for Cancer Research da un gruppo di ricerca guidato da Yin Cao, della Harvard School of Public Health, rinforzano l’idea che l’aspirina abbia un effetto preventivo, anche se tutto sommato modesto.
Analizzando i dati su oltre 100 mila persone arruolate in diversi studi a partire dagli anni ottanta fino ad oggi, i ricercatori hanno osservato una diminuzione di rischio di tumore di circa il 5 per cento in totale tra coloro che assumevano due o più aspirine a settimana. La riduzione di rischio più marcata è stata anche in questo caso, come già osservato in altri precedenti studi, per i tumori gastro-intestinali, in particolare per quello del colon-retto, per cui la diminuzione del rischio è arrivata al 25 per cento. Non è stata invece evidenziata alcuna diminuzione del rischio per altre forme di tumori, da quello del seno a quello di prostata e polmone.
Un’altra osservazione derivata da questi dati è che l’effetto “preventivo” significativo si manifesterebbe dopo circa 16 anni di uso continuativo dell’aspirina, e svanirebbe dopo quattro dal momento in cui cessa l’assunzione.
Meccanismo d'azione. Si suppone che l’aspirina possa funzionare, almeno in parte, per la sua attività anti-infiammatoria: bloccherebbe l’attività degli enzimi coinvolti nella risposta dell’organismo all’infiammazione cronica, che a sua volta è foriera di cambiamenti nei tessuti che possono promuovere lo sviluppo di tumori. Prima che l’uso dell’aspirina come prevenzione anti-cancro venga accertata e considerata utile, rimangono da risolvere diverse altre questioni, tra cui la dose in grado di fornire il massimo effetto protettivo e i minimi effetti collaterali, la durata dell’assunzione, e i tipi e sottotipi di cancro per cui eventualmente funzionerebbe.